07 set 2021

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SENTENZE | 28729-2021 L'uso scorretto di meccanismi artigianali nei processi lavorativi




Alcune operazioni di routine possono nascondere pericolose insidie, soprattutto se effettuate con gli strumenti sbagliati e non sicuri. Vediamo oggi come la semplice operazione di travaso di una sostanza possa diventare un pericolosissimo fattore di rischio con l'uso inappropriato degli strumenti a disposizione degli operatori.

Il Presidente del Consiglio di Amministrazione di una società di trasporti e trasformazione di prodotti chimici ad uso industriale, viene ritenuto responsabile per il danno cagionato ad un dipendente lesioni gravissime derivanti dal contatto con della soda caustica.

In particolare, all’imputato, viene ascritto il comportamento colposo per negligenza, imprudenza, imperizia e inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e per non aver redatto in modo accurato le procedure operative per le operazioni di scarico della soda caustica.

Il fatto

L’incidente avvenne durante le fasi di scarico di una cisterna contente soda caustica presso un impianto di incenerimento. Il Dipendente infortunato collegò il flessibile all’estremità della tubazione dell’impianto sporgente dal pozzetto mentre un altro operatore aprì la valvola di intercetto dell’impianto mentre il dipendente attivò la pompa della cisterna al fine di espellere la soda caustica dal veicolo.

Una volta terminato lo scarico, a causa della vetustà della cisterna questa non era in grado di espellere completamente la sostanza. Per questo motivo il dipendente infortunato aumentò la pressione all’interno del serbatoio facendo uso di un meccanismo artigianale, del tutto abusivo, il quale sfruttava la pressione esercitata dai freni trasferendola all’interno della cisterna, ottenendo così un vero e proprio compressore, privo però di manometro o regolatore o valvola di sfiatamento.

Pensando poi che la pressione fosse diminuita, l’infortunato si avvicinò al pozzetto slegando la fascetta che saldava il flessibile al bocchettone e si verificò una violenta fuoriuscita di soda caustica che investì il dipendente procurandogli le sopradescritte lesioni.

Il ricorso

Avverso a tale sentenza l’imputato ricorre contestando che i Giudici di Merito abbiano ritenuto la cisterna inidonea ai lavori previsti e sulla capacità del lavoratore infortunato che era chiaramente esperto visti gli 11 anni di servizio.

  • Viene inoltre evidenziato il mancato funzionamento delle pompe di aspirazione dell’impianto ricevente non fu una scoperta del giorno dell’infortunio, ma si trattava di una situazione già nota dall’RSPP delegato dall’imputato.
  • Mancata valutazione del fatto che l’operatore che assisteva l’infortunato (dipendente dell’azienda che riceveva la soda caustica) avesse agito in modo imprudente chiudendo la valvola di intercetto dell’impianto ricevente omettendo di effettuare il doveroso coordinamento.
  • Omessa considerazione della posizione di garanzia dell’RSPP
  • Evidenzia che nel DUVRI elaborato dal committente la gestione dello specifico rischio fosse attribuita al committente e la condotta alternativa doverosa che avrebbe impedito l’evento e la sua eventuale omissione non erano riferibili all’imputato ma allo stesso committente. In questo senso lamenta che sia stato attribuito all’imputato l’avvallo della prassi attuata di alterazione dei sistemi di protezione a corredo della cisterna mediante l’uso dell’impianto frenante.

La decisione della Corte di Cassazione

Data la complessità della sentenza invitiamo il lettore ad una più accurata disamina che può essere fatta al sito italgiurie.giustizia.it.; ma per quanto concerne ciò di nostro stretto interesse, la Corte desidera precisare che

“Se sono più i titolari della posizione di garanzia, come nel caso di specie pare prospettare la difesa, ciascun garante risulta per intero destinatario dell'obbligo di impedire l'evento fino a che non si esaurisca il rapporto che ha originato la singola posizione di garanzia (Sez.4 n. 46849 del 3.11.2011 rv 252149; Sez. 4 n.8593 del 22.01.2008 rv.238936). E, ancora, che, quando l'obbligo di impedire un evento ricade su più persone che debbano intervenire o intervengano in momenti diversi, il nesso di causalità tra la condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di altro soggetto, parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi un concorso di cause ex art. 41 comma primo cod. pen ( Sez. 4 n. 244455 del 22.04.2015 rv 263733-01; sez. 4 n. 37992 del 11.07.2012 rv 254368-01; sez. 4 n.1194 del 15.11.2013 rv 258232).”

Secondo la corte alcuni motivi del ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, sono manifestamente infondati.

In particolare si evidenzia tra le altre che dal contratto di appalto tra le due società, quella dell’imputato si assumeva tutte le responsabilità civile e penale nei confronti del proprio personale, e che l’azienda che avrebbe ricevuto il prodotto aveva predisposto una procedura operativa diversa da quella prevista dall’azienda fornitrice alla quale faceva capo l’imputato, e questa faceva parte integrante del contratto di appalto e dello speciale capitolato in cui veniva evidenziato un ruolo più attivo e quindi rischioso dell’autista trasportatore il quale “dopo le operazioni di scarico, attraverso il collegamento del tubo di scarico con il punto di raccordi indicato dall'operatore impianto, doveva flussare con aria la linea di collegamento per svuotarla completamente, per poi scollegare le tubazioni facendo attenzione agli sversamenti; al termine dello scarico l'operatore doveva chiudere la valvola dell'impianto e l'autista scollegare la manichetta e drenarla nel pozzetto;”

E ancora:

“L'istruttoria ha evidenziato, come sottolineato dal Giudice di merito a fol. 24, che l'operazione rischiosa e pericolosa di scarico da parte degli autisti era di fatto, per prassi, gestita in maniera autonoma dagli stessi autisti sulla base dell'esperienza di autisti più esperti che affiancavano i meno esperti, mediante l'utilizzo di strumenti di fattura artigianale, come quello relativo all'impianto frenante della cisterna utilizzato nel caso di specie dalla persona offesa per effettuare il flussaggio e che risultava montato abusivamente sull'automezzo fornito dalla società datrice di lavoro ed era assolutamente pericoloso.”

Da qui è semplice evincere che poteva essere prevedibile un incidente a causa di una mancata messa a punto di una procedura di scarico sicura e adeguata.

La Corte ricorda poi che in tema di prevenzione degli infortuni, nel caso in cui il datore di lavoro sia una persona giuridica, il destinatario delle norme è il legale rappresentante dell’ente imprenditore, quale persona fisica attraverso la quale il soggetto collettivo agisce nel campo delle relazioni intersoggettive.

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, destinatario della normativa antinfortunistica in una impresa strutturata come persona giuridica, quale è nel caso di specie è proprio l’imputato.

Per questi ed ulteriori più approfonditi motivi che la Corte ritiene inammissibile il ricorso e condanna l'imputato alle spese processuali.

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