09 giu 2021

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SENTENZE | 22271-2021 Comportamento abnorme o strumento di lavoro inadeguato?




Spesso leggiamo di presunti comportamenti abnormi dei lavoratori che avrebbero portato all’infortunio, ma quante volte questi comportamenti vengono accertati? Oggi vediamo come l’abnormità del comportamento può essere desunta in fase di appello e successivamente annullata in fase di ricorso in cassazione.

Il Fatto

Durante l’allestimento di una zona espositiva di prodotti promozionali all’interno del punto vendita un lavoratore che si trovava su una struttura metallica denominata rack senza l’uso del mezzo usualmente utilizzato per la movimentazione dei carichi in quota, cadeva dalla struttura procurandosi gravi lesioni.

Condannato per lesioni colpose il responsabile dei reparti di falegnameria e sistemazione dello stabilimento al quale sono state addebitate le lesioni colpose del lavoratore per colpa legata all’omessa sovraintendenza e vigilanza sull’osservanza delle disposizioni aziendali sull’uso dei mezzi di protezione individuali e collettivi a disposizione.

La sentenza di condanna veniva poi annullata perché il fatto non sussiste.

Il ricorso

Avverso a tale annullamento l’infortunato ricorre in cassazione adducendo come motivi di doglianza la conclusione dei giudici di appello, i quale avrebbero ritenuto che per le lavorazioni in altezza fosse precluso ai lavoratori l’utilizzo di scale a libretto il cui grado di sicurezza non sarebbe stato inferiore a quello degli elevatori. Nel Piano di Sicurezza aziendale si legge che l’altezza in cui doveva svolgere la lavorazione sarebbe risultata superiore a quella di sicurezza e che in quel caso la scala a libretto non avrebbe dovuto essere impiegata, bensì l’uso proprio sarebbe stato appannaggio di un muletto o una scala a castello.

L’altezza della lavorazione era superiore ai due metri e mezzo, ma la scala utilizzata aveva una altezza massima di solo due metri, come confermato dagli organi ispettivi.

Come secondo motivo, la difesa sottolinea come lo stesso responsabile aveva obbligato l’infortunato ad operare sulla struttura e che fosse a conoscenza del maggior rischio derivante dall’utilizzo della scala per un lavoro superiore ai 250 cm e che aveva omesso di vigilare affinché il lavoratore non eseguisse il lavoro in quelle condizioni rischiose non predisponendo nemmeno gli strumenti più idonei previsti dal POS.

La sentenza della corte

Secondo i Giudici della Corte di Cassazione il ricorso proposto dal lavoratore va accolto.

In Appello veniva ravvisata l’abnormità del comportamento della vittima, la quale sarebbe caduta non per inidoneità della scala utilizzata ma per essere salita sulla scaffalatura in corso di allestimento, sottolineando come al tempo dell’infortuno, l’imputato non avesse ancora assunto i poteri di capo settore.

Analizzando la dinamica dell’infortunio, si vede come il lavoratore fosse caduto in seguito alla perdita dell’equilibrio causato dal colpo ricevuto in testa per la rottura di una delle tavole provvisoriamente posizionate sul piano dell’espositore per ovviare alla rottura di quelle preesistenti.

Secondo la Corte territoriale l’infortunio sarebbe avvenuto perché il lavoratore

“aveva improvvidamente messo un piede su un asse precariamente appoggiato su detta scaffalatura, affermando, quanto alla rilevanza del comportamento alternativo lecito, che la caduta sarebbe comunque avvenuta anche se per raggiungere l'espositore fosse stato usato [muletto o la scala a castello] invece della scala a libro ordinaria”

I motivi del ricorso, invece, sono fondati.

La posizione di garanzia dell’imputato e la verifica del nesso causale, è stata valutata dalla Corte territoriale in maniera giuridicamente non corretta, “con un ragionamento esplicativo non congruo, né immune da profili di contraddittorietà.”

Benché la qualità di preposto dell’imputato fosse stata accertata, non vi erano stati ricondotti gli obblighi propri di quella posizione (vigilanza sull’osservanza delle disposizioni aziendali.

Si riporta infatti che il preposto deve

“sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti”

In buona sostanza l’errore della Corte territoriale è stato quello di far equivalere gli strumenti di lavoro utilizzati (scala a libro o muletto/elevatore) e l’attribuzione ad una scelta del lavoratore l’accesso alla scaffalatura per raggiungere la quota di lavoro. Questo ha portato a non tener conto della qualità offerta per la sicurezza dagli strumenti utilizzati portando come motivazione la mancanza di un regolamento.

 

Per questi motivi il ricorso viene accolto e la sentenza impugnata annullata.

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