10 mar 2020

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SENTENZE | 6567/2020 le responsabilità intrinseche del datore di lavoro




Sappiamo che il Datore di Lavore, in qualità di responsabile primo della sicurezza dell’ambiente lavorativo, è sempre tenuto ad accertare la corrispondenza ai requisiti di legge dei macchinari utilizzati anche se questi presentano conformità “CE”, in quanto grava sempre sul soggetto responsabile l’obbligo di eliminare ogni fonte di pericolo per i lavoratori.

Nella sentenza che andiamo ad analizzare oggi vediamo un legale rappresentante che è stato condannato per aver messo a disposizione di un lavoratore un’attrezzatura priva di sistema in grado di impedire efficacemente l’accesso alle zone degli elementi mobili.

In particolare, il fatto si è verificato quando il lavoratore, durante la prova per l’utilizzo di una nuova colla presso un impianto per la produzione di pannelli nobilitati, avendo notato un pannello uscito non in linea dalla macchina, si introdusse nell’area di funzionamento degli elementi mobili, disattivando le fotocellule poste all’ingresso della macchina. Giunto nei pressi del punto di scarico dei pannelli, il pettine della macchina lo colpiva in testa e gli causava gravi lesioni tra cui un trauma cranico non commotivo, scalpo del cuoio capelluto, plurime ferite lacere al volto e il parziale distacco dell’orecchio.

Il macchinario nei pressi del quale si è verificato l’incidente era dotato di fotocellule, le quali potevano però essere aggirate temporaneamente.

L’imputato ricorre per mezzo del proprio difensore adducendo tre motivi di impugnazione; il primo che consiste nel vizio di motivazione “nella parte della sentenza in cui è assunto che il fondamento della responsabilità risiederebbe nella mera possibilità che i presidi di sicurezza (nella specie le fotocellule antintrusione), dei quali la macchina era dotata, potessero essere facilmente elusi dal lavoratore, consentendo così l'accesso alle zone interessate dalla presenza di componenti mobili”.

La lavorazione in questione non prevedeva di entrare nelle zone pericolose (tra l’altro assai lontane dalla sua postazione) tanto che il rischio non prevedeva nemmeno il contatto accidentale. In più: “La formazione, l'informazione e le istruzioni impartite prevedevano chiaramente che la disattivazione della cellula dovesse essere funzionale esclusivamente al passaggio delle cataste di legno lungo i rulli trasportatori. L'impianto era sicuro e gli enti preposti avevano rilasciato alla società le certificazioni in materia di sicurezza, verificando la sicurezza del processo produttivo e dei macchinari utilizzati, ragione per la quale la Corte territoriale ha assolto la società in relazione all'illecito amministrativo contestatole.”

In secondo motivo si rileva che tutti i testimoni avevano osservato che sussisteva un divieto assoluto di entrare nella macchina durante il funzionamento e che questo non era mai successo negli anni precedenti, tanto da ipotizzare quindi che il comportamento del lavoratore poteva rientrare nell’ambito di quelli definiti “abnormi”.

In terzo motivo “Si osserva che la violazione degli obblighi di formazione ed informazione, su cui si è basata l'affermazione di colpevolezza, non era mai stata contestata e che l'imputazione concerneva esclusivamente la messa a disposizione di un'attrezzatura inidonea.”

La Corte di Cassazione considera infondato il ricorso.

Il primo motivo si spiega col fatto che sull’imputato “gravavano in toto tutti gli obblighi in materia prevenzionale del datore di lavoro, che, in quanto tale, è il garante primario della sicurezza del lavoratore, in quanto titolare di un rapporto di lavoro o comunque dominus di fatto dell'organizzazione dell'attività lavorativa.

Fonte primaria degli obblighi di sicurezza che fanno capo al datore di lavoro - com'è noto - è il D. Igs n. 81 del 2008, il cui art. 17 individua tassativamente gli obblighi non delegabili del datore di lavoro, individuandoli: "a) nella valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'art. 28; b) nella designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi".” e poi “La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite."; mutando, in questo caso, il contenuto della situazione d'obbligo del datore di lavoro: da obbligo di adempiere personalmente a obbligo di vigilanza sull'attività del delegato.”

Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso, relativo alla prevedibilità dell’evento lesivo del lavoratore i giudici hanno sottolineato come l’evento stesso non fosse eccentrico e imprevedibile evidenziando come il comportamento negligente potesse essere controllato e intuibile in anticipo.

“In tema di causalità,” – Scrive la Corte – “la colpa del lavoratore, concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica ascritta al datore di lavoro ovvero al destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, esime questi ultimi dalle loro responsabilità solo allorquando il comportamento anomalo del primo sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore (Sez. 4, n. 16397 del 05/03/2015, Guida, Rv. 263386). A ciò deve aggiungersi che la condotta imprudente o negligente del lavoratore, in presenza di evidenti criticità del sistema di tutela approntato dal datore di lavoro, non potrà mai spiegare alcuna efficacia esimente in favore dei soggetti destinatari degli obblighi di sicurezza. Tali disposizioni, infatti, sono dirette a difendere il lavoratore anche da incidenti che possano derivare da sua colpa, dovendo, il datore di lavoro, prevedere ed evitare prassi di lavoro non corrette e foriere di eventuali pericoli (Sez. 4, n. 10265 del 17/01/2017, Meda, Rv. 269255; Sez. 4 n. 22813 del 21/4/2015, Palazzolo, Rv. 263497).”

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