12 mag 2022
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SENTENZE | Ord 11227-2022 La movimentazione manuale dei carichi
Il fatto
Un datore di lavoro di una società di ceramica è stato condannato per non aver vigilato sulle modalità di movimentazione di pezzi pesanti di ceramica (di oltre 25kg). Tali pezzi avrebbero dovuto essere movimentati dal tornio al carrello di trasporto da una coppia di operai e non, come ravvisato, da un unico lavoratore, il quale ha successivamente riportato un infortunio.
Il ricorso
Secondo la difesa il datore di lavoro avrebbe dato disposizione affinchè i pezzi più pesanti fossero movimentati da due operai e che, generalmente, tale direttiva veniva rispettata e che i capi reparto intervenivano per vigilare. Il comportamento del lavoratore sarebbe da considerarsi abnorme.
Altro motivo di doglianza, legato al primo, sottolinea che il comportamento del lavoratore avrebbe apportato un contributo causale all’insorgere del danno.
Come terzo motivo si denuncia di aver trascurato che nell’ambito della procedura amministrativa avviata dall’Inail per l’accertamento dei postumi dell’infortunio era stata accertata una invalidità pari all’8%, accertamento che non è stato impugnato dal lavoratore (né in sede amministrativa né in sede giudiziale), con conseguente cristallizzazione della percentuale dei postumi (a differenza della percentuale pari al 14% rilevata dal CTU nominato in giudizio).
In ultima istanza si duole del fatto che la Corte abbia abusato della facoltà discrezionale di determinazione del danno (effettuata previa applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano, con scostamento dai valori standard nella misura massima prevista) senza considerare che – pur conseguendo dall’infortunio la perdita del lavoro e la inidoneità alla prestazione lavorativa svolta - la mansione esercitata dal lavoratore infortunato non risultava caratterizzata da una specializzazione particolare.
La sentenza della Corte
Secondo la Corte di Cassazione i primi due motivi del ricorso sono da considerarsi manifestamente infondati.
La Corte territoriale aveva dato atto della sussistenza di una direttiva datoriale che prescriveva che la movimentazione dei pezzi di ceramica superiori a 25 kg fosse effettuata da una coppia di operai (e non da uno solo), ha accertato - sulla scorta delle risultanze istruttorie di fonte testimoniale (cinque testimoni su sette) - la responsabilità del datore di lavoro, ai sensi dell'art. 2087 cod.civ., in quanto
“non impediva fattivamente (ad esempio, sanzionando le violazioni) la movimentazione da soli dei carichi, prassi che di fatto era solita avvenire anche solo nei momenti di temporanea assenza dei Capi reparto”; ha, inoltre, accertato la carenza di direttive con riguardo allo spostamento di pezzi pari a 25 kg (come nel caso di specie) e l’assenza di prova circa la dedotta impossibilità di meccanizzare il passaggio dei pezzi di ceramica dal tornio al carrello;
Si accerta quindi che il datore di lavoro ha omesso l’adozione delle misure idonee protettive l’insufficiente controllo e vigilanza che tali misure fossero adottate dai lavoratori. Tale costituisce quindi un inadempimento agli obblighi protettivi tale da esaurire il nesso eziologico dell'infortunio occorso al lavoratore, così da radicarne in via esclusiva la responsabilità.
Il terzo motivo è considerato manifestamente infondato,
“posto che il procedimento amministrativo previsto nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro al fine di determinare la liquidazione della rendita Inail è autonomo e distinto rispetto all’accertamento del danno civilistico, di fonte contrattuale, subìto per la violazione degli obblighi di prevenzione e sicurezza da parte del datore di lavoro”.
Il quarto motivo, invece, si considera inammissibile
“la Corte territoriale ha ritenuto che la lesione del diritto alla salute ha determinato ulteriori danni morali rispetto a quelli ordinariamente riconosciuti ad un soggetto della stessa età per il medesimo grado di menomazione, già ricompresi nella liquidazione del punto percentuale delle tabelle milanesi applicate, ed ha espressamente rilevato che, nella specie, per il lavoratore infortunato fosse ravvisabile una elevata personalizzazione in quanto "ha subìto l’ulteriore grave danno di natura patrimoniale consistente nella perdita del lavoro in seguito all’infortunio e nella permanente inidoneità acquisita allo svolgimento delle mansioni per le quali si era specializzato; il ricorrente chiede a questa Corte un diverso apprezzamento di circostanze di fatto, con particolare riferimento alla consulenza tecnica espletata e alle conseguenze, anche di natura professionale subìte dal lavoratore, pretendendo un sindacato che è estraneo al giudizio di legittimità;”
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