12 nov 2019

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SENTENZE | n 43656/2019 sulla responsabilità degli enti per reati della normativa antinfortunistica




La sentenza è relativa ad un fatto avvenuto nel 2010 quando, durante la costruzione di un edificio pubblico, a cui i lavori erano stati appaltati ad un’associazione temporanea di imprese, un lavoratore, conducente una macchina palificatrice, rimaneva schiacciato perdendo la vita tra il macchinario ed il muro perimetrale a causa del cedimento della pavimentazione dovuta all’eccessivo peso del mezzo che conduceva.

La causa dell’infortunio era stata individuata nel cedimento del suolo (che non era stato appositamente ricoperto da assi di legno e lamiere per sostenere il peso del mezzo), ma la responsabilità del fatto era stata addebitata sia al datore di lavoro per la quale ditta lavorava l’infortunato, sia al capocantiere preposto.

In estrema sintesi, la colpa addebitata era stata individuata nella mancanza di una formazione e informazione specifica sull’esistenza di rischi e sulle modalità di prevenzione degli stessi, oltre che “nella mancata predisposizione di mezzi idonei a prevenire i rischi e nel non avere esercitato la necessaria vigilanza al fine di assicurare l'osservanza delle norme antinfortunistiche da parte dei lavoratori.”.

 

I due ricorsi, pervenuti distintamente dalle parti, sono affidati ai seguenti motivi:

per il Capocantiere preposto:

  1. Premettendo che l’affermazione di condanna è stata fondata (secondo il ricorrente) principalmente sulle dichiarazioni degli operai da cui emerse la mancanza di informazioni specifiche e modalità di prevenzione degli infortuni, si evidenzia come la ricostruzione del giudice di primo grado sarebbe frutto di evidente travisamento delle emergenze probatorie, in quanto “il pericolo di crollo era, in realtà, trattato nel piano operativo di sicurezza (acronimo: P.O.S.) del 27 luglio 2010” e che le dichiarazioni di altri teste avevano evidenziato che il giorno dell’incidente fossero presenti in cantieri sia assi che lamiere. La sentenza della Corte di appello avrebbe invece confermato la sentenza sottoponendo a censura la motivazione della precedente condanna.
  2. La Corte avrebbe, inoltre, operato omissione di pronunzia, non motivando (riportiamo da sentenza):

a.che il pericolo di crollo della pavimentazione era stato debitamente segnalato

b.che erano stati messi a disposizione degli operai mezzi idonei a prevenire il rischio

c.che non vi era prova che il Capocantiere preposto si fosse allontanato dal cantiere nella consapevolezza dell'imminenza della movimentazione della macchina palificatrice da parte dell'operaio, il quale ha agito nell'intervallo della pausa pranzo.

Per il Datore di Lavoro:

  1. La società avrebbe dimostrato che esisteva un modello di organizzazione, gestione e controllo e la nomina di un organismo di vigilanza che aveva, in modo corretto, svolto tutti i compiti assegnati di verifica della corretta applicazione del sopracitato modello. Il giudizio avrebbe confermato una valutazione di responsabilità di tipo puramente oggettivo.
  2. Si sottolinea, inoltre, che era stato evidenziato da un teste (incaricato dei sopralluoghi) il corretto uso di tavole per la distribuzione dei carichi su solai e terreni di fondazione.

La Corte di Cassazione si pronuncia come segue:

Per quanto riguarda il primo punto di ricorso del Capocantiere, i giudici ritengono che i giudici di merito abbiano, con ampia motivazione e con diversi passaggi istruttori, evidenziato che (riportiamo da sentenza):

  • che più operai escussi […] hanno dichiarato di non avere capito che le tavole, pur presenti, avessero la finalità di salvaguardare la sicurezza personale, essendo convinti che fossero, invece, finalizzate soltanto a non rovinare il pavimento;
  • che l'operaio poi deceduto ha manovrato la macchina con l'aiuto di un altro operaio […], che gli dava indicazioni, e nella piena consapevolezza degli altri operai presenti, nessuno dei quali ha trovato azzardato o strano il suo comportamento; anzi, uno di essi […] ha preventivamente stretto un tubo per evitare perdite di olio;
  • che quello, dunque, era il modo usuale di agire, avallato anche [dal Capocantiere] presente mentre […] stringeva il tubo, di agire in quel cantiere, ma poi allontanatosi cinque minuti prima della pausa pranzo perché chiamato da due sindacalisti;
  • che, in ogni caso, le modalità del fatto dimostrano, secondo i giudici di merito, che è mancato un efficace controllo da parte dell'imputato capocantiere preposto e della società sul rispetto da parte dei lavoratori delle misure di sicurezza, in violazione, tra l'altro, degli artt. 5, comma 1, lett. a), e 25-septies del d. lgs. n. 231 del 2001 (capo F);
  • che soltanto dopo l'infortunio (avvenuto il 22 dicembre 2010), precisamente il 7 aprile 2011, il P.O.S. [Piano Operativo di Sicurezza] è stato aggiornato con la indicazione specifica di tutte le operazioni da attuare per tutelare l'incolumità dei lavoratori, essendo prima sul punto carente, contenendo la versione originaria solo la previsione della necessità di attuare «tutte le accortezze possibili», tuttavia non meglio specificate.”

Per quanto, invece, concerne il ricorso del Datore di Lavoro, gli Ermellini si pronunciano con una motivazione assai complessa, che invitiamo il lettore ad approfondire, ma che in sintesi possiamo riassumerla riportando il punto 2.3 del “Considerato in Diritto”:

“In relazione al ricorso nell'interesse della società […], dunque, se privo di fondamento è il secondo motivo di impugnazione incentrato sulla dedotta incompatibilità logica tra reato colposo e finalizzazione all'interesse o al vantaggio dell'ente, alla luce delle considerazioni svolte in precedenza (sub n. 2.2.3. del "considerato in diritto"), fondati appaiono, invece, quelli aventi ad oggetto la corretta verifica ad opera dei giudici di merito sulla ricorrenza nel caso di specie di un interesse o di un vantaggio per l'ente e, soprattutto, sulla adozione e sulla idoneità del modello organizzativo.

Sotto il primo dei due profili indicati, infatti, la sentenza impugnata, al di là di un generico richiamo ad una maggiore velocità nell'esecuzione dei lavori (p. 14 della sentenza impugnata), non indica puntualmente quale "interesse" o "vantaggio" sia stato ravvisato nell'agire dell'ente, non misurandosi con la circostanza che risulta essere stato stipulato un contratto di "nolo a caldo", rispetto al quale si ignorano le pattuizioni retributive intercorse tra le ditte; ma, soprattutto, risulta del tutto omessa nelle sentenze di merito la valutazione sul contenuto e sulla idoneità del modello organizzativo, tema che pure la difesa aveva seriamente posto con l'atto di appello (sub n. 3, pp. 16 e ss.) e con la memoria successiva (18 ottobre 2017), rinvenendosi soltanto considerazioni circa il P.O.S. (p. 11 della sentenza di primo grado e pp. 14-15 della Corte di appello), che è cosa diversa. In altre parole, i giudici di merito hanno svolto l'equazione "responsabilità penale della persona fisica datore di lavoro / preposto = responsabilità amministrativa dell'ente", trascurando l'articolata disciplina posta dal d. lgs. n. 231 del 2001.

Appare, pertanto, opportuno puntualizzare il seguente principio di diritto, cui si atterrà il giudice del rinvio: "In tema di responsabilità degli enti derivante da reati colposi di evento in violazione della normativa antinfortunistica compete al giudice di merito, investito da specifica deduzione, accertare preliminarmente l'esistenza di un modello organizzativo e di gestione ex art. 6 del d. lgs. n. 231 del 2001; poi, nell'evenienza che il modello esista, che lo stesso sia conforme alle norme; infine, che esso sia stato efficacemente attuato o meno nell'ottica prevenzionale, prima della commissione del fatto" (in tal senso v. la già richiamata decisione di Sez. 4, n. 28538 del 28/05/2019, Calcinoni ed altri, non mass., in motivazione, sub n. 9.2. del" considerato in diritto").”

Alla luce di quanto riportato, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso proposto dal Capocantiere, ma annulla la sentenza impugnata, limitandone l’annullamento alla statuizione sulla responsabilità amministrativa dell’ente, rinviando a giudizio sul punto la Corte di appello.

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