12 nov 2020

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SENTENZE | 28728/2020 Sulla responsabilità delle verifiche nei contratti di appalto




Durante l'esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d'opera è necessario sottolineare che è onere del committente la verifica tecnico-professionale della struttura organizzativa dell'impresa incaricata oltre che, non meno importante, della sua adeguatezza rispetto alla pericolosità dell'opera commissionata.

Relativamente a ciò, vediamo oggi una sentenza (sentenza n.28728 ottobre 2020 della Corte di Cassazione) che ci racconta di un incidente avvenuto ad un lavoratore caduto dal tetto di un capannone oggetto di interventi di manutenzione sul quale era salito senza alcuna precauzione. La responsabilità dell'incidente era stata data dai giudici della Corte di Appello al proprietario del capannone oggetto dell'incidente e al proprietario dell'impresa appaltatrice.

L'imputato, proprietario del capannone, ha proposto ricorso avversamente alla sentenza deducendo:

  1. la mancanza di motivazione in ordine alla questione di legittimità per quanto riguarda la subordinazione della sospensione condizionale della pena al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno provvisionale, realizzando – secondo l'imputato – una disparità di trattamento tra soggetti con diverse disponibilità economiche
  2. erronea applicazione della legge penale dovuta all'omissione della valutazione del fatto che il ricorrente abbia controllato l'iscrizione alla Camera di commercio dell'imprenditore incaricato
  3. omessa motivazione riguardo le capacità economiche del ricorrente riguardo alla possibilità di sopportare l'onere del risarcimento del danno.

Secondo la Corte di Cassazione il ricorso deve essere rigettato.

Il primo e terzo motivo, spiega la Corte, deve essere esaminati congiuntamente in quanto si dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art.165 del codice penale nel quale “consente al giudice di subordinare  la sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, osservando che la facoltà del giudice di concedere il beneficio de quo subordinatamente all'effettiva riparazione del danno cagionato dal reato non contrasta con l'art. 3 Cost., poiché risponde ad una apprezzabile esigenza di politica legislativa tendente ad eliminare le conseguenze dannose degli illeciti penali ed a garantire che il comportamento del reo, dopo la condanna, si adegui a quel processo di ravvedimento che costituisce lo scopo precipuo dell'istituto stesso della sospensione condizionale della pena.” Ed aggiunge che “il giudice di appello ha espressamente valutato, in modo positivo, le condizioni economiche dell'imputato, con una motivazione sufficiente e non illogica, fondata sulla titolarità da parte di [omissis – l'imputato] di una quota del capannone oggetto dei lavori, sicché anche la terza censura risulta manifestamente infondata.”

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorsi, la Corte, nemmeno in questo caso, ritiene doveroso l'accoglimento. In questo caso il ricorrente denuncia “l'erronea applicazione della legge penale, avendo l'imputato, prima di affidare l'incarico, controllato l'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese.”

La Corte sottolinea in modo esplicito che “in materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione di opera, il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, è, comunque, obbligato a verificare l'idoneità tecnico - professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati (Sez, 4, n. 37761 del 20/03/2019 ud. - dep. 12/09/2019, Rv. 277008 - 01).”

Ad aggiunta di ciò è da notare che il mero controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, il quale integra un adempimento di carattere amministrativo, non può ritenersi sufficiente, ma è necessario un controllo della struttura organizzativa dell'impresa incaricata, della sua adeguatezza rispetto alla pericolosità dell'opera commissionata, soprattutto se i lavori da eseguire sono classificati come “lavori in quota”. È obbligo del committente, spiega la Corte, “assicurarsi dell'effettiva disponibilità, da parte dell'appaltatore, dei necessari dispositivi di sicurezza (v., per tutte, Sez. 3, n. 35185 del 26/04/2016 ud.- dep. 22/08/2016, Rv. 267744 - 01, in materia di infortuni sul lavoro, il committente ha l'obbligo di verificare l'idoneità tecnico-professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati - fattispecie, relativa alla morte di un lavoratore edile precipitato al suolo dall'alto della copertura di un fabbricato, nella quale è stata ritenuta la responsabilità per il reato di omicidio colposo dei committenti, che, pur in presenza di una situazione oggettivamente pericolosa, si erano rivolti ad un artigiano, ben sapendo che questi non era dotato di una struttura organizzativa di impresa, che gli consentisse di lavorare in sicurezza). Nel caso in esame, l'art. 90, comma 9, lett. a, del dlgs n. 81 del 2008 è stato, pertanto, correttamente applicato dai giudici di merito. “

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