14 giu 2022

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SENTENZE | Sez IV 22628/2022 Il datore di lavoro può essere condannato se ha affidato l’incarico ad un consulente?




Spesso le aziende affidano gli incarichi di sicurezza a dei consulenti (come avviene spesso anche con noi di Necsi) per la gestione della salute e della sicurezza dei propri lavoratori. Ma in caso di incidente il datore di lavoro può essere condannato per responsabilità oggettiva anche senza che da parte dei giudici sia verificata la natura della consulenza affidata?

Il fatto

Il datore di lavoro di un’azienda logistica è stato condannato dopo essere stato ritenuto responsabile di lesioni personali cagionate ad un dipendente (ferita alla mano destra con lesione del tendine estensore) per negligenza, imprudenza ed imperizia e per non aver messo a disposizione i dispositivi di protezione idonei (guanti anti taglio).

Il ricorso

Avverso a tale sentenza l’imputato ha proposto un ricorso articolato in tre motivi:

Errata motivazione rispetto alla mancata prova di esistenza di una delega in tema di sicurezza a favore di un’azienda di consulenza (soggetto qualificato per professionalità ed esperienza nel settore. Dal contratto, per converso, emergerebbero il conferimento di effettivi poteri nel settore della sicurezza oltre che l'ampia facoltà di organizzazione, gestione, controllo e spesa, con conseguente insussistenza della responsabilità del datore di lavoro in forza di idonea delega.);

Mancata argomentazione rispetto l’inidoneità dei guanti rientranti nella dotazione prevista per i lavoratori e ad essi fornita.

In ultima istanza si duole del fatto di essere stato ritenuto colpevole “alla stregua di una responsabilità oggettiva, ravvisando la colpa in forza della mera causazione dell'evento. Non sarebbe stata nella specie compiuta l'ulteriore valutazione in ordine alla possibilità di rimproverare all'agente di non aver scelto DPI (guanti) inidonei nonostante l'attività di consulenza resa sul punto da una società specializzata in materia, [omissis – azienda di consulenza sicurezza], e il vaglio del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, in forza della quale erano stati adottati specifici guanti in circa quaranta punti vendita.”

 

La sentenza della Corte

Secondo la corte di cassazione i primi due motivi del ricorso sono da ritenersi inammissibili.

Il primo motivo è inammissibile poiché

“Il giudice di secondo grado […] ha considerato esplicitamente il motivo d'appello proposto avverso la sentenza di primo grado, laddove essa ha ritenuto che l'affidamento alla «consulenza» di una ditta esterna non esoneri da responsabilità il datore di lavoro […] mostrando di condividerla alla luce del pacifico approdo di legittimità in materia di infortuni sul lavoro in ragione del quale, effettivamente, a nulla rileva l'esistenza di una mera attività di consulenza ai fini di una efficace delega di funzioni.”

Il secondo motivo di ricorso è anch’esso inammissibile in quanto basato su

“un «non motivo» in quanto, in concreto, né articola effettive inosservanze o false applicazioni di legge, neanche indicate dal ricorrente, né evidenzia le contraddizioni nelle quali sarebbe incorso l'apparato motivazionale ovvero la sua illogicità manifesta, limitandosi a offrire una inammissibile differente valutazione di merito (anche di natura probatoria) rispetto a quella della Corte territoriale.”

C’è però da far ben luce sul terzo motivo del ricorso, il quale viene ritenuto ammissibile e deduce l'errore nel quale sarebbe incorsa la Corte territoriale nel ravvisare in capo all'imputato una sorta di responsabilità oggettiva.

Data la delicatezza delle conclusioni della Corte riportiamo quanto espresso dal punto 4.1 del PQM della sentenza:

“Accertata la dinamica dei fatti conducenti alle lesioni personali del lavoratore, il giudice di merito, in particolare, ha individuato nell'imputato il gestore del rischio connesso all'attività lavorativa e nel dettaglio il titolare della posizione di garanzia con riferimento a funzioni ritenute non oggetto di idonea delega alla società [società di consulenza], rispetto alla condotta che, ex artt. 2087 cod. civ. e 18 d.lgs. n. 81 del 2008, egli avrebbe dovuto tenere e che invece è stata accertata come oggetto di omissione e inseritasi nella seriazione causale delle lesioni personali. È stato altresì ritenuto l'evento lesivo verificatosi effettiva concretizzazione del rischio specifico che l'osservanza della regola cautelare di cui all'art. 18 comma 1, lett. d), d.lgs. n. 81 del 2008, circa l'obbligo di fornire DIP idonei, nella specie guanti idonei sia alla manipolazione che alla resistenza al taglio, era preordinata e scongiurare (c.d. «causalità della colpa»). Nulla emerge però dall'apparato motivazionale della sentenza circa l'effettiva rimproverabilità della condotta dell'imputato sul piano soggettivo.

Viene, in quest'ottica, in rilievo il c.d. principio di esigibilità.

La colpa, infatti, ha un versante oggettivo, incentrato sulla condotta posta in essere in violazione di una norma cautelare, e un versante di natura più squisitamente soggettiva, connesso alla possibilità dell'agente di osservare la regola cautelare.

Il rimprovero colposo riguarda infatti la realizzazione di un fatto di reato che poteva essere evitato mediante l'osservanza delle norme cautelari violate (Sez. U, n. 38343/2014, cit.). Il profilo soggettivo e personale della colpa viene generalmente individuato nella possibilità soggettiva dell'agente di rispettare la regola cautelare, ossia nella concreta possibilità di pretendere l'osservanza della regola stessa: in poche parole, nell'esigibilità del comportamento dovuto. Si tratta di un aspetto che può essere collocato nell'ambito della colpevolezza, intesa anche con riferimento al suo profilo costituzionale (art. 27 Cost.), in quanto esprime il rimprovero personale rivolto all'agente. Si tratta di un profilo della responsabilità colposa cui la riflessione giuridica più recente ha dedicato molta attenzione, nel tentativo di personalizzare il rimprovero dell'agente attraverso l'introduzione di una doppia misura del dovere di diligenza, che tenga conto non solo dell'oggettiva violazione di norme cautelari ma anche della concreta possibilità dell'agente di uniformarsi alla regola, valutando le sue specifiche qualità personali e la situazione di fatto in cui ha operato (Sez. 4, n. 1096 del 08/10/2020, dep. 2021, Verondini, Rv. 280188-01; Sez. 4, n. 32507 del 16/04/2019, Romano, Rv. 276797-02; Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016, dep. 2017, Bordogna, in motivazione; Sez. 4, n. 12478 del 19/11/2015, dep. 2016, Barberi, in motivazione; Sez. 4, n. 43988 del 18/06/2013, Bove, Rv. 257699-01).”

La Corte giunge, quindi, alla conclusione che il conferimento di una attività di consulenza specifica nel settore della sicurezza, pur non operando in termini di delega di funzioni, porta con sé l’accertamento della sussistenza della concreta possibilità dell’agente di uniformarsi alla regola violata, valutando la situazione di fatto in cui ha operato.

In modo particolare, è necessario procedere alla valutazione dell’eventuale influenza della detta attività di consulenza in ordine al giudizio sull’esigibilità del comportamento dovuto, indispensabile per fondare uno specifico rimprovero per un atteggiamento antidoveroso della volontà.

“Il giudice di merito ha in particolare omesso ogni valutazione circa l'effettività della consulenza, la professionalità del consulente e, quindi, in merito alla sua esperienza e specializzazione nel settore, oltre che in ordine all'ampiezza e alla specificità dell'oggetto della consulenza in considerazione dell'eventuale particolare complessità della scelta degli specifici guanti idonei a gestire il rischio di taglio, onde poter muove un giudizio in termini di rimproverabilità soggettiva del datore di lavoro.”

È presente un commento alla notizia

Augusto Iovenitti
14 giu 2022 alle 12:18

Amici di NECSI
Giusta la condanna al Datore di Lavoro.
Per trasferire le responsabilità è necessaria una apposita delega (art.16/2008) del Datore di Lavoro ad una persona fisica "COMPETENTE" e con un buon curriculum comprensiva di poteri di spesa per interventi di prevenzione.

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