19 mag 2022

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SENTENZE | Sez 4 18401-2022 L’adeguatezza del DVR e il concetto di infortunio grave




Durante le operazioni di movimentazione di un carico di tubi con l’uso di un muletto, a causa del repentino spostamento in avanti del contenuto del carico sospeso, il mezzo si impennava sulle ruote anteriori e, una volta tornato in posizione di equilibrio orizzontale, determinava un contraccolpo di assestamento sulle ruote posteriori.

A causa di questo incidente, il lavoratore conducente del mezzo riportava una forte sollecitazione alla colonna vertebrale la cui conseguenza fu l’impedimento ad ottemperare alle proprie funzioni di lavoro per un periodo di 99 giorni certificato da INAIL.

Lo sbilanciamento del mezzo si era verificato perché le operazioni di movimentazioni erano state effettuate ad un’altezza da terra eccessiva, per questo motivo il carico sollevato dall’orca era divenuto instabile.

Per questo infortunio è stato considerato responsabile il Presidente del Consiglio di Amministratore, Amministratore unico e datore di lavoro della società per aver omesso di redigere una relazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa e per non aver indicato nel DVR le misure di prevenzione e protezione adottata al fine di ridurre al minimo il rischio di infortuni per lo sbilanciamento dei mezzi di sollevamento.

Il ricorso

Avverso a tale sentenza l’imputato ricorre adducendo che:

  1. Il datore di lavoro deve fissare i criteri di redazione del DVR e deve provvedere alla stesura “con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione”. Il DVR precedente e successivo all’infortunio (il secondo modificato su a seguito dell’intervento dell’ASL) erano sovrapponibili in punto indicazione del rischio. L’infortunio sarebbe occorso per il fatto che il conducente movimentando il carrello con una manovra imperita, urtava con i tubi contro il gancio anteriore di contenzione e, seguitamente, contro la protezione posteriore dell’organo di sollevamento provocando così il brandeggiamento del mezzo (non un ribaltamento come indicato in imputazione). L’accaduto, pertanto, già sotto il profilo strettamente letterale rientrerebbe nel pericolo previsto. La Valutazione della Corte sarebbe quindi errata nel momento in cui si ritiene carente la valutazione del rischio specifico. “In ordine al profilo delle misure di prevenzione e, quindi, all'art. 28, comma 2, lett. b), d.lgs n. 81 del 2008, con l'integrazione costituita dall'istruzione HSM-08-IS era stata indicata la possibilità del brandeggiamento dei carichi mediante mezzi di sollevamento solo ove le pale fossero in minima elevazione da terra e ciò onde evitare che il movimento potesse causare lo sbilanciamento. Tuttavia, detta indicazione non costituiva una novità, ma solo la positivizzazione delle istruzioni fornite ai carrellisti. I lavoratori non erano autorizzati a movimentare i carichi in altezza. Ogni omissione di controllo sull'opera dei lavoratori o sulla loro formazione e informazione era esterna al perimetro dell'imputazione. L'inserimento di un'istruzione specifica scritta non aveva modificato la preventiva conoscenza in capo al dipendente dell'antidoverosità del comportamento tenuto.”
  2. Doglianze sul concetto di incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni del lavoratore in seguito all’infortunio. La prima diagnosi, il giorno successivo all’infortunio, fu di distrazione del rachide cervicale e lombare con prognosi di 10 giorni. Circa 10 giorni dopo viene rilevata un’assai sottile e limitata iperdiafania, riferibile ad esito di infrazione corticale in avanzata fase di risoluzione e, tre giorni dopo veniva prescritta al paziente una risonanza magnetica da eseguire in caso di persistenza del dolore. 44 giorni dopo il fatto l’infortunato esponeva di non aver eseguito la risonanza in ragione del miglioramento delle proprie condizioni. L’Inail prorogava comunque l’inabilità al lavoro. “Nella fattispecie, l'assenza di accertamenti per scelta dell'offeso in ordine alla presenza di processi infiammatori a carico della muscolatura interessata dalla lesione patita non permette di assumere che la dolorabilità lamentata e la correlativa inabilità al lavoro dovessero riconnettersi al fatto lesivo.

La sentenza della corte.

Secondo la Cassazione il ricorso è manifestamente infondato.

Il primo motivo si riporta che il datore di lavoro è tenuto a redigere e sottoporre ad aggiornamento il DVR all’interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, in relazione alla singola lavorazione o ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.

“La Corte territoriale, con motivazione lineare e coerente, ha sottolineato l'incompletezza del DVR, in quanto privo della valutazione del rischio specifico, derivante dalla possibile instabilità dei carrelli elevatori durante le abituali operazioni dì movimentazione ed immagazzinamento dei tubi sul piazzale, con particolare riferimento al pericolo derivante dalla potenziale oscillazione del carico e dallo sbilanciamento del muletto (per sovraccarico, basculamento o comunque oscillazione del carrello elevatore) nonché dalla carenza dell'indicazione delle cautele operative atte a fronteggiarlo.”

Per quanto riguarda il presunto comportamento abnorme del lavoratore, deve considerarsi interruttiva del nesso di condizionamento la sola condotta del lavoratore che si collochi al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso, trattandosi in tal caso di un comportamento del tutto eccentrico ed esorbitante rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare. Poiché il datore di lavoro nella fattispecie non aveva posto in essere le cautele finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio di comportamento imprudente, la responsabilità per l'evento verificatosi è stata legittimamente attribuita al comportamento del garante.

 

Relativamente il secondo motivo del ricorso si ricorda che a lesione è grave se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo di vita la persona offesa ovvero una malattia o l'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per più di quaranta giorni.

“Ai fini dell'integrazione della circostanza, i tre eventi descritti dalla norma (art. 583, comma primo, n. 1, cod. pen.,) sono in rapporto di alternatività ed in particolare lo sono tra loro quelli legati al termine di durata. Di conseguenza, come costantemente insegnato da questa Corte, per la sussistenza dell'aggravante è sufficiente che anche solo una tra la malattia e l'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni causate dalla condotta incriminata superi i quaranta giorni. È dunque irrilevante che la prima abbia una durata inferiore se comunque la seconda invece supera la soglia temporale normativamente definita.”

Quanto all’incapacità di attendere alle proprie occupazioni, questa non coincide necessariamente con il concetto di attività lavorativa “con la conseguenza che ben può ritenersi sussistente la predetta aggravante nell'ipotesi in cui la vittima delle lesioni, pur essendo ritenuta abile al lavoro, rimanga tuttavia impossibilitata per un maggior tempo ad esplicare la sua attività ordinaria”

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