21 set 2021

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SENTENZE | 22819-2021 Sulla mancata visita medica dopo un periodo di assenza per malattia.




Uno degli aspetti più importanti nella gestione della sicurezza in azienda è il corretto management della sorveglianza sanitaria. Nel caso in cui un lavoratore non fosse stato sottoposto alla visita di idoneità lavorativa, questi può rifiutarsi di espletare le proprie funzioni di dipendente? A questa domanda dà risposta la sentenza odierna.

Il fatto

Una lavoratrice che aveva svolto mansioni di Capo Servizi dal 2009 al 2014 era stata assente per tre maternità e congedi parentali durante il suddetto periodo. Rientrata, dopo l’esito di visita medica, era stata dichiarata idonea alle attività non attinenti alla sicurezza in via temporanea, ossia alle mansioni di capotreno. Successivamente la lavoratrice entra in periodo di malattia e l’azienda, dopo un anno, comunica alla stessa la scadenza del periodo di comporto (ossia il tempo massimo concesso al dipendente in malattia per non essere licenziato), informandola della possibilità di richiedere un periodo di aspettativa per motivi di salute per una durata massima di 12 mesi. La lavoratrice aveva richiesto quindi la fruizione proprio del periodo di aspettativa e, dopo 12 mesi richiede il rientro in servizio chiedendo di non tornare presso gli uffici ove precedentemente era collocata, ma di essere posta in altra sede e non tra il personale viaggiante.

L’azienda chiedeva quindi alla lavoratrice di presentarsi l’indomani in ufficio per essere sottoposta, nei giorni successivi, alla visita medica; la lavoratrice, però non si presentò nei giorni successivi senza alcuna giustificazione. L’azienda, pur non essendo tenuta, inviò qualche giorno dopo un telegramma in cui invitava a presentarsi con immediatezza presso il luogo di lavoro. La lavoratrice dichiara che la propria assenza era dovuta alla mancata risposta alla sua richiesta di informazioni circa il suo rientro (con le richieste di cambio ufficio), contestando all’azienda l’esistenza di un provvedimento datoriale di assegnazione presso l’attuale ufficio. Di conseguenza l’azienda contesta l’assenza ingiustificata dal servizio provvedendo irrogando alla lavoratrice la sanzione del licenziamento con preavviso.

Secondo la corte di merito il reclamo della lavoratrice la quale chiedeva la nullità o la legittimità del provvedimento di licenziamento.

La lavoratrice lamenta che non avrebbe potuto iniziare la prestazione lavorativa prima di essere sottoposta alla visita medica prevista dal D.lgs. 81/08, mentre la Corte sottolineava che la visita medica preventiva non costituiva una condizione per la ripresa del lavoro e che il rifiuto della lavoratrice doveva essere configurato come un’assenza ingiustificata rispetto alla quale la sanzione espulsiva emanata dall’azienda era giustificata.

Il ricorso

La lavoratrice lamenta l’errata applicazione dell’art. 41 del D.Lgs 81/08 il quale prevede la visit a medica precedente alla ripresa del lavoro in caso di assenza per motivi di salute di durata superiore ai sessanta giorni continuativi. Tale è volta alla verifica delle idoneità alle mansioni e al ripristino dell’idoneità all’attività lavorativa in generale.

Il giudizio della Corte

Secondo la Corte di Cassazione

“con riferimento ad una ipotesi di recesso per giusta causa in relazione ad analoga mancanza della lavoratrice ricorrente, "la norma va letta - secondo un'interpretazione conforme tanto alla sua formulazione letterale come alle sue finalità - nel senso che la "ripresa del lavoro", rispetto alla quale la visita medica deve essere "precedente", è costituita dalla concreta assegnazione del lavoratore, quando egli faccia ritorno in azienda dopo un'assenza per motivi di salute prolungatasi per oltre sessanta giorni, alle medesime mansioni già svolte in precedenza, essendo queste soltanto le mansioni, per le quali sia necessario compiere una verifica di "idoneità" e cioè accertare se il lavoratore possa sostenerle senza pregiudizio o rischio per la sua integrità psicofisica";”

Si osserva che, nel caso in cui il lavoratore venisse nuovamente destinato alle stesse mansioni assegnategli prima dell’inizio del periodo di assenza, questi può astenersi dall’eseguire la prestazione dovuta (ex art 1460 codice civile), ma nel caso in cui il lavoratore rifiuti preventivamente anche di ripresentarsi in azienda dove tale presentazione deve essere considerata come momento distinto dall’assegnazione delle mansioni

“in quanto diretta a ridare concreta operatività al rapporto e ben potendo comunque il datore di lavoro, nell'esercizio dei suoi poteri, disporre, quanto meno in via provvisoria e in attesa dell'espletamento della visita medica e della connessa verifica di idoneità, una diversa collocazione del proprio dipendente all'interno della organizzazione di impresa (cfr. Cass. 7566/2020);”

Come ha correttamente evidenziato la Corte di merito, quindi, la lavoratrice non poteva rifiutarsi di presentarsi sul luogo di lavoro al termine del periodo di aspettativa richiesto e goduto, portando la stessa a violare la norma collettiva del codice disciplinare del CCNL: assenza per 6 giorni solari consecutivi. In questo senso il ricorso riportato deve essere respinto.

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