22 apr 2022

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SENTENZE | Sez. 4 13218/2022 quando risparmiare in sicurezza porta all’infortunio




“La sicurezza è un costo”. Quante volte lo sentiamo dire? Ci siamo mai chiesti, però, quanto vantaggio porti un corretto processo di investimento nella sicurezza? Vediamo oggi come, benché un’azienda sia stata virtuosa in alcuni ambiti della sicurezza, un risparmio che può sembrare marginale, possa portare ad un serio infortunio e ad una sentenza avversa per l’ente.

Il fatto

Il socio amministratore ed incaricato della sicurezza di un’Azienda edilizia è stato ritenuto responsabile dell’infortunio accorso ad un lavoratore il quale, mentre attraversava un piazzale adibito al deposito e alla movimentazione di merci con l’uso di mezzi meccanici, è stato investito da un muletto in retromarcia guidato da un dipendente della medesima società riportando lesioni al piede sinistro con guarigione superiore ai 40 giorni.

L’imputato è stato ritenuto responsabile dell’evento per la mancata adozione delle misure di prevenzione infortuni, in particolar modo viene contestato di non aver provveduto al posizionamento della segnaletica per le vie di circolazione sicure all’interno del piazzale, di non aver effettuato la manutenzione del carrello elevatore (il quale presentava il segnalatore acustico di retromarcia rotto) e di non aver dotato lo stesso di uno specchietto retrovisore. Per tali viene condannata anche la stessa azienda alla quale si contesta di non aver controllato l’operato dell’imputato nell’esclusivo interesse economico dell’ente.

Il ricorso

Avversamente a tale sentenza l’imputato ricorre presentando doglianze di tipo legale (di nostro non diretto interesse). Più attinente alla cerchia della sicurezza sul lavoro il ricorso presentato dall’Azienda la quale presenta due motivi di doglianza:

  • nullità della sentenza per gli stessi motivi legali presentati dall’imputato;
  • Nell’affermare che il reato è stato commesso nell’interesse dell’ente riguardo l’inadempimento degli obblighi cautelari che, a detta della corte, avrebbero portato a modalità organizzative molto meno dispendiose, tale affermazione sarebbe stata formulata senza aver tenuto conto dell’entità delle spese complessivamente affrontate dalla società per quanto riguarda manutenzione e sicurezza. Secondo l’Azienda tali spese sarebbero state di gran lunga superiori al risparmio che l’ente avrebbe conseguito dagli inadempimenti dell’Amministratore imputato. Secondo i giudici, poi, da tale inadempimento, la società avrebbe conseguito anche un incremento di produttività, circostanza anch’essa contestata dall’Azienda.

La sentenza della Corte

Secondo la Corte di Cassazione i primi motivi dei ricorsi (quelli relativi a cavilli di legge) sono da dichiararsi inammissibili.

Per quanto concerne il secondo motivo presentato dall’Azienda, anch’esso viene ritenuto inammissibile nella parte in cui si lamenta il difetto di motivazione relativamente al vantaggio derivato all’ente dal reato commesso.

Dalla ricostruzione dei fatti si evince che:

“nel piazzale non era presente alcuna forma di segnaletica stradale. Spiegano che il documento di valutazione del rischio, predisposto nel 2008, prevedeva espressamente la realizzazione di una segnaletica orizzontale volta a delimitare l'area adibita alla movimentazione dei mezzi, ma questa misura di prevenzione, che lo stesso datore di lavoro aveva individuato come doverosa, non fu mai attuata se non in epoca successiva all'infortunio. Chiariscono inoltre che, in due occasioni (nel mese di agosto e nel mese di ottobre del 2013), il tecnico incaricato della manutenzione del muletto aveva segnalato la necessità di riparare o sostituire il "cicalino di retromarcia", senza che nessuno provvedesse in tal senso.”

Da ciò si evince chiaramente che la scelta di non predisporre la segnaletica orizzontale da parte dell’imputato era consapevole e finalizzate ad un risparmio di spesa.

“Irrilevante che quel risparmio sia stato «esiguo» se raffrontato alle spese che ordinariamente la società sostiene per la manutenzione (documentate dalle schede contabili prodotte dal difensore dell'ente).”

Gli Ermellini ricordano che:

“che il "risparmio" per l'impresa, nel quale si concretizza il criterio di imputazione oggettiva rappresentato dall'interesse, può consistere anche nella sola riduzione dei tempi di lavorazione (Sez. 4, n. 16598 del 24/01/2019, Tecchio, Rv. 27557001; Sez. 4, n. 29538 del 28/05/2019, Calcinoni, Rv. 27659603) e un tale risparmio si può realizzare anche consentendo lo spostamento simultaneo di uomini e mezzi senza delimitare le rispettive aree di azione;

- che il requisito della commissione del reato nell'interesse dell'ente non richiede una sistematica violazione di norme antinfortunistiche ed è ravvisabile anche in relazione a trasgressioni isolate se altre evidenze fattuali dimostrano il collegamento finalistico tra la violazione e l'interesse dell'ente (Sez. 4, n. 12149 del 24/03/2021, Rodenghi, Rv. 28077701; Sez. 4, n. 29584 del 22/09/2020, F.11i Cambria s.p.a., Rv. 27966001);

- che, nel caso in esame, la violazione delle norme in materia di prevenzione infortuni risulta essersi protratta nel tempo.”

 

E ancora interessante capire che il principio secondo cui il giudice accerti l'esiguità del risparmio di spesa derivante dall'omissione delle cautele dovute», per poter affermare che il reato è stato realizzato nell'interesse dell'ente «è necessaria la prova della oggettiva prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quelle della tutela dei lavoratori» (Sez. 4, n. 22256 del 03/03/2021, Canzonetti, Rv. 281276).

“«in un contesto di generale osservanza da parte dell'impresa delle disposizioni in materia di sicurezza del lavoro» e in mancanza di altra prova che la persona fisica, omettendo di adottare determinate cautele, «abbia agito proprio allo scopo di conseguire un'utilità per la persona giuridica». Può applicarsi, dunque, soltanto in situazioni nelle quali l'infortunio «sia plausibilmente riconducibile anche a una semplice sottovalutazione del rischio o ad un'errata valutazione delle misure di sicurezza necessarie alla salvaguardia della salute dei lavoratori» e non quando, come nel caso di specie, quel rischio sia stato valutato esistente dallo stesso datore di lavoro, e le misure per prevenirlo, indicate nel documento di valutazione del rischio, siano state poi consapevolmente disattese per un lungo periodo di tempo.”

 

 

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