24 feb 2023

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SENTENZE | 2991-2023 Appalti industriali: l'intreccio delle responsabilità tra committente e appaltatore




È ben chiaro a tutti quanto l’organizzazione degli appalti industriali sia per le imprese un’attività estremamente dispendiosa, in termini di tempo, data la grande mole di lavoro e di documenti necessari per l’avvio dei lavori. Nella sentenza che analizziamo oggi vediamo come, nel caso di lavori in appalto o in subappalto, sia necessario che queste attività di coordinamento siano eseguite al meglio onde evitare sanzioni, o peggio, infortuni sul lavoro.

Il fatto

Durante i lavori presso un capannone di proprietà di un’azienda calzaturiera un lavoratore subì un grave infortunio cadendo da una scala. Tali lavori erano stati appaltati dall’azienda calzaturiera (a loro volta poi subappaltati) e venivano seguiti da un architetto il quale, il quale veniva condannato a pagare al lavoratore infortunato un indennizzo per il danno differenziale da invalidità temporanea e per danno patrimoniale.

Il ricorso

Tra i vari motivi di ricorso portati ai giudici da parte dell’architetto prendiamo in esame solo quelli di nostro stretto interesse, in particolare:

  • Il ricorrente deduce che la sentenza, escludendo la responsabilità dell’Azienda committente sul rilevo che non era stato nominato un responsabile della sicurezza, sarebbe incorsa nell' erronea interpretazione dell'art. 93 del d.lgs. n. 81 del 2008 che esonera il committente dalla responsabilità solo nel caso in cui abbia proceduto alla sua nomina estraniandosi così completamente dal cantiere.
  • Il giudice di appello avrebbe trascurato di valutare le ammissioni del lavoratore. Questi, infatti, aveva dichiarato di aver utilizzato la scala da cui poi era caduto per propria scelta e con un'operazione maldestra. Infine, la Corte territoriale non avrebbe considerato che l’azienda non solo era committente ma era essa stessa l'assegnataria che aveva poi frazionato l'appalto tra varie ditte coordinandole.
  • Sostiene, poi, il ricorrente che in un cantiere nel quale gravitavano cinque differenti imprese, e nella situazione di lavoro dell’infortunato, l'impresa facente capo all’architetto non aveva alcuna utilità a fornire la scala che era invece presente in cantiere ma non ne era stata accertata la proprietà. Inoltre, lo stesso infortunato aveva ammesso di essere caduto a seguito di un suo maldestro uso della stessa. La Corte, perciò, avrebbe dovuto affermare la responsabilità dell’azienda committente per la presenza della scala o dello stesso infortunato per il suo uso inadeguato fatti entrambi imprevedibili da parte dell’appaltatore.
  • Da ultimo il ricorrente sostiene che nel merito permarrebbero dubbi sulla dinamica dei fatti e sottolinea che lo stesso lavoratore, nell'avviare il giudizio, aveva dimostrato di non aver chiaro chi fosse il suo datore di lavoro ed in via esplorativa aveva convenuto in giudizio oltre all'architetto anche l’azienda committente trascurando di considerare che comunque l'INAIL gli aveva corrisposto l'intero risarcimento. Sottolinea poi che il lavoratore pur avendo dichiarato di non poter più lavorare a causa delle lesioni riportate, poi, non era stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato essendo risultato provato che era stato assunto con una buona remunerazione.

La sentenza della Corte

Secondo la Corte di Cassazione il ricorso che denuncia una violazione nell'interpretazione dell'art. 93 del d.lgs. n. 81 del 2008, non può essere accolto. La Corte territoriale ha accertato in fatto che l’azienda committente committente dei lavori, non aveva nominato per il cantiere un suo responsabile della sicurezza. Ha sottolineato che un secondo architetto (anch’esso chiamato in causa) rivestiva la diversa qualifica di coordinatore per la sicurezza nei cantieri di cui all'art. 98 del d.lgs. n. 81 del 2008. Conseguentemente ha ritenuto che per quello specifico cantiere la committente non si era in alcun modo ingerita nelle scelte di sicurezza che erano rimaste affidate all'appaltatore, società la quale a sua volta aveva subappaltato alcune attività a terzi, in questo caso l'architetto in giudizio appunto, senza che la committente ne fosse stata resa edotta. Alla luce di tali accertamenti di fatto la decisione della Corte di merito risulta conforme all'insegnamento di questa Corte che ha affermato che la responsabilità per la violazione dell'obbligo di adottare le misure necessarie a tutelare l'integrità fisica dei prestatori di lavoro si estende al committente solo ove lo stesso si sia reso garante della vigilanza relativa alla misura da adottare in concreto e si sia riservato i poteri tecnico-organizzativi dell'opera da eseguire (cfr. in tal senso, Cass. 22 marzo 2002, n. 4129, Id. 28 ottobre 2009, n. 22818; 7 marzo 2012 n. 3563; 8 ottobre 2012, n. 17092 e 11/07/2013 n.17178). Non è configurabile una responsabilità del committente in per il solo fatto di aver affidato in appalto determinati lavori ovvero un servizio. È pur vero che è espressamente prevista dalla normativa di settore (d.lgs. n. 81 del 2008, art. 26) tutta una serie di obblighi a carico del committente connessi ai contratti di appalto o d'opera o di somministrazione. Con riferimento ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d'opera, pertanto, il dovere di sicurezza è riferibile, oltre che al datore di lavoro (di regola l'appaltatore, destinatario delle disposizioni antinfortunistiche), anche al committente, con conseguente possibilità, in caso di infortunio, di intrecci di responsabilità, coinvolgenti anche il committente medesimo. Tuttavia, va esclusa una applicazione automatica di tale principio, non potendo esigersi dal committente un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori.  Nel caso in esame, la Corte di merito per escludere la responsabilità del committente ha verificato che, in concreto, non vi era stata alcuna incidenza della condotta del committente nell'eziologia dell'evento; ha tenuto conto delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori; ha considerato, in tale prospettiva la specificità dei lavori da eseguire e le caratteristiche del servizio da svolgersi; i criteri seguiti dal committente per la scelta dell'appaltatore, soggetto del quale ha verificato l'adeguatezza con riguardo all'attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa; ha tenuto conto dell' esistenza o meno di un'ingerenza del committente nell'esecuzione dei lavori oggetto dell'appalto (che ha escluso) e della agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di eventuali situazioni di pericolo. In conclusione, la censura è infondata.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese nei confronti del solo controricorrente infortunato atteso che, come sopra accertato, il controricorso dell’azienda committente non è stato correttamente notificato ed è perciò inammissibile. 

 

 Come semplificare la gestione degli appalti? 

La sentenza in odierna analisi ci conferma, una volta di più, la complessità della gestione degli appalti industriali. È conosciuta a tutti la mole di lavoro necessaria perché un’azienda committente sia in grado di coordinare attività con continua attenzione alla verifica dei documenti tecnico-professionali e una attenzione delicata al momento dell'accesso. Il nostro Software Risolvo, la soluzione cloud per la gestione della sicurezza sul lavoro, ha ideato la nuova "Funzione Appalti" con il fine di rendere tutto più snello e sicuro, liberando il tempo per attività di vero valore.

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