05 nov 2019

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SENTENZE | n.37148/2019 il comportamento abnorme del lavoratore




Nelle Sentenze relative ad infortuni sul lavoro, molte volte, si sente parlare di “comportamento abnorme del lavoratore” come motivazione di ricorso da parte dell'imputato. È importante fare sempre più luce su questo importate concetto e per questo motivo, oggi, proponiamo la sentenza numero 37148 dello scorso settembre nella quale la Corte di Cassazione precisa, una volta di più, le caratteristiche che fanno del comportamento di un lavoratore un comportamento abnorme e quindi va a “sollevare” i soggetti preposti all'applicazione delle misure di prevenzione dalla possibilità di controllo.

Nel caso che proponiamo al lettore, un lavoratore operante nel campo dell'olivicoltura subiva un infortunio dopo essersi arrampicato sulle piante durante la fase di bacchiatura delle olive.

L'imputato, titolare della ditta agricola per la quale il lavoratore prestava servizio, era stato riconosciuto colpevole anche dalla Corte di appello per aver provocato lesioni colpose gravi con inosservanza della disciplina antinfortunistica ai danni del proprio dipendente per non averlo dotato di idonei mezzi di lavoro nel destinarlo all'attività di bacchiatura. Il lavoratore si infortunava cadendo da un tronco e riportando la frattura di alcune vertebre.

L'imputato ricorre avverso alle sentenze adducendo il difetto di motivazione in punto di accertamento della propria responsabilità e in secondo luogo per manifesta illogicità della motivazione evidenziando che gli ordini di lavoro erano stati impartiti dal padre dell'imputato e che la responsabilità del prevenuto era stata desunta sulla base di elementi di fatto meramente congetturali o su base di alcune testimonianze di carattere (sempre secondo il ricorrente) assolutamente carenti e inattendibili.

La Suprema Corte ritiene ambedue i motivi di ricorso infondati.

In particolare, vogliamo soffermarci sul fatto che gli Ermellini ritengono che “Sotto il profilo causale è indubbio che il lavoratore era intento a svolgere un'attività che rientrava nel mansionario attribuitogli e che le direttive nella esecuzione delle opere erano state somministrate dal padre dell'imputato, già titolare dell'azienda che, sul punto non solo si era avvalso di regole invalse nello specifico processo lavorativo (bacchiatura delle olive rimaste sugli alberi dopo avere operato con i mezzi di raccolta meccanica), ma di prassi lavorative, di cui lo stesso testimone (padre dell'imputato) ammetteva l'esistenza, e che esso stesso ammetteva di avere utilizzato, con particolare riferimento a quella di salire sugli alberi per la sbattitura delle olive rimaste sulla piante. Sotto diverso aspetto risulta pacifico che al dipendente non venne fornita una scala per salire sulle piante, né tali scale erano presenti nelle dotazioni dell'azienda.

Alla luce di quanto sopra, per quanto concerne la deduzione del comportamento abnorme del lavoratore, la Suprema Corte evidenzia che “la colpa del lavoratore eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l'esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l'evento-morte del lavoratore che ne sia conseguito o delle lesioni da questo riportate può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento (La Suprema Corte ha precisato che è abnorme soltanto il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all'applicazione della misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro, e che tale non è il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione comunque rientrante, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli).

Sia la Corte di Appello – e di conseguenza anche la Corte di Cassazione – non ritengono dubbio il fatto che il fatto di arrampicarsi sulle piante per portare a termine il proprio compito non debba in alcun modo ritenersi un comportamento assolutamente imprevedibile e abnorme.

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